italia.jpgSul caso del noto portalaccio italiota tanto si è detto, e tanto si dirà nei prossimi giorni. Personalmente mi sono limitato a far osservare alcune strane coincidenze, che però non hanno sollevato le critiche che in qualsiasi paese civile sarebbero state più che ovvie. Ma che volete, in Italia siamo tutti presi a parlare di costumi sessuali, e le cose veramente inquietanti passano facilmente sotto silenzio.

Ad ogni modo, più che del portalaccio in se, ritengo sia particolarmente interessante ragionare sulla ormai nota iniziativa nata “dal basso” con il dichiarato obiettivo di “Riprogettare Italia.it”, ossia Ritalia.

Iniziativa lodevole, nata dall’entusiasmo e dalla competenza di professionisti qualificati (posso dirlo con convinzione perché molti li conosco personalmente) che vogliono fare del dialogo costruttivo una bandiera e del confronto una modalità di lavoro.
Tuttavia – da che l’iniziativa è stata lanciata – continua ad esserci qualcosa che non mi torna nella sua sostanza profonda. Qualcosa che non capisco, che mi sfugge e mi lascia un po’ inquieto. Qualcosa che – in fondo – penso sia sintomatico della realtà che rappresenta l’universo dei blogger, il nostro universo.

Un universo che, a dirla tutta, mi sembra un universo ingenuo. E tutto sommato ha tutte le ragioni d’esserlo, vista la sua età e le sue caratteristiche. Mi riferisco, sia chiaro, a quell’ingenuità che è propria dei bambini, dei sognatori e dei romantici. Un’ingenuità “positiva” di un universo adolescente, che ha ancora il coraggio e la forza di indignarsi di fronte alle stranezze ed alle brutture del nostro mondo un po’ meschino. Un’ingenuità che è sinonimo di voglia di fare, di migliorare, di sistemare le cose.

Ma quest’ingenuità – che è poi l’ingenuità per la quale amo il nostro universo – nasconde delle insidie. Insidie che rischiano di minare le basi di progetti belli come Ritalia. La prima insidia, la più pericolosa, è quella di non cogliere la vera sostanza del problema. Il disastro che si manifesta a chi si collega al portale italiano del turismo non nasce (solo) da scelte tecnologicamente sbagliate, non nasce (solo) da contenuti a dir poco ridicoli, non nasce (solo) da soluzioni progettuali discutibili. Nasce (soprattutto) dal fatto che Italia.it è un progetto che pianta i suoi costosi piedi d’argilla in un sistema marcio alla base.

Il sistema della politica italiana e del suo sottobosco fatto di accordi di parte, di favoritismi, di piccole e grandi collusioni, di amici ed amichetti furbi; insomma di incompetenza portata al potere. Il sistema che vede nel portale del turismo italiano solo uno dei tanti disastri compiuti – questi si in maniera bipartisan – in anni ed anni di governi più o meno truffaldini. I quarantacinque milioni di (nostri) euro di fronte ai quali ci siamo tutti scandalizzati non sono che una goccia nel mare di sprechi perpetrati negli ultimi dieci anni in nome dell’e-government.

Chi lavora in questo settore sa bene quante e quali risorse siano state impiegate in progetti come la carta d’identità elettronica, i portali pubblici per il cittadino e le imprese, le varie informatizzazioni sempre parziali e sempre da rifare. Sa bene che ogni volta che un nuovo Ministro vara un nuovo piano (nel nostro settore come negli altri?) lo fa senza il minimo riguardo per ciò che è stato fatto dai Governi precedenti. Il che equivale a dire senza il minimo riguardo per i (nostri) soldi già spesi, che vengono così bruciati in nome di “nuove strategie” che dovranno favorire nuovi amici.
Per questo temo che il progetto Ritalia rischi di pagare per l’ingenuità dell’universo nel quale è nato. Per questo penso che il vero rischio del progetto non sia quello di fallire, ossia di non produrre risultati progettuali, ma paradossalmente quello di riuscire.

Perchè riuscire potrebbe voler dire togliere le castagne dal fuoco all’IBM di turno, che magnanima si dice addirittura “disponibile ad accettare i suggerimenti” , a riprova del fatto che la cara mamma è tanto brava da dare addirittura ascolto ai buoni consigli. Che peraltro le forniscono un’ottima scusa qualora dovessero essere sbagliati. A riprova del fatto che con Ritalia – e questo penso che non sia solo ingiusto, ma anche immorale ed un po’ ridicolo – un manipolo di privati si stia trovando a fornire volontariamente (e volontaristicamente) una prestazione professionale per la quale qualcuno è stato profumatamente pagato.

Ma questo non risolverà il problema, non impedirà un nuovo Italia.it. Instaurerà invece un curioso e forse pericoloso precedente. Un precedente per il quale i cittadini si debbano trovare a “riparare i danni” generati dalla PA.

Forse andrà pure bene per un portale. Ma si provi a pensarlo per una ASL o una scuola… Questo, forse, è ciò che mi rende inquieto. Interrogarsi sui motivi, su come son stati spesi i soldi, su chi ha fatto cosa. Questo avrebbe consentito – prima di cominciare a “ripensare” Italia.it – di comprenderne davvero la genesi. Per impedirne la ripetizione.

Non so cosa ne sarà del progetto Ritalia.it. Se avrà successo o meno. Non credo che si arrivi in prima battuta ad una vera proposta progettuale condivisa con il piccolo esercito di ospiti presenti al Barcamp un po’ particolare di sabato prossimo. Ma francamente non credo che sia così importante. In questo progetto – paradossalmente – non conta tanto il risultato quanto il processo. Un processo – questo si – oggettivamente interessante da analizzare. Ma questa è un’altra storia.

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