Catepol, riprendendo un post di David Armano, ci parla di sistemi sociali. Sistemi sociali che, nella loro visione, appaiono un po’ come sistemi solari, costitutiti dall’insieme dei canali disponibili (blog, twitter, facebook, ecc…). In questi sistemi sociali, afferma catepol, sta a noi “gestire quante e quali identità sociali multiple vogliamo e/o riusciamo a gestire“.

Concordo con gran parte del discorso, tranne che con quella nella quale si parla di identità sociali multiple. Quella delle identità sociali multiple è una teoria che ormai da qualche anno saltella e rimbalza in convegni e conferenze, ma che non mi ha mai trovato particolarmente convinto. Se è innegabile che l’utente sviluppi un processo di ricostruzione identitaria utilizzando strumenti come Second Life, è altrettanto evidente, penso, che di tale processo non si possa più parlare con tanta forza per quanto riguarda i social network come la blogosfera, twitter, facebook e via dicendo.

Quello che sta avvenendo con i social netowork, invece, è un processo di riaggregazione dei pattern identitari. I diversi strumenti dei quali disponiamo, infatti, non costituiscono degli elementi che ci permettono di sviluppare identità sociali multiple, ma sono sistemi attraverso i quali fornire diverse espressioni della propria identità. Diverse espressioni che – a differenza di quanto può avvenire con Second Life – costituiscono pennellate che complessivamente contribuiscono alla rappresentazione della propria identità (per inciso: non è un caso che chi utilizza strumenti come Second Life approdandovi dai social network, non sfrutti Second Life per “nascondersi dietro” identità fittizie, ma ricostruisca in Second Life avatar in tutto simili al proprio essere reale).

In altri termini, l’identità reale e quella virtuale, in un contesto in cui reale e virtuale sono sempre più sovrapposti, si trasformano in identità fisica ed indentità digitale, ma entrambe assolutamente reali. La sovrapposizione dei pattern identitari fa si che attraverso i diversi strumenti dei quali disponiamo si tenda ad enfatizzare dei tratti della propria personalità, con il risultato di trasferire un’impressione di sè potenzialmente parzialmente diversa da quella prevalente (con il risultato che qualcuno, incontrandomi, mi dice “ma lo sai che dal blog sembravi una persona seria?“) ma l’intento non è più quello di mascherare la propria identità, quanto piuttosto quello di esprimerla in forme diverse.

La pervasività delle reti sociali rende inevitabile tale fenomeno e fa si che – a meno di voler celare la propria identità – gli attori che compongono la rete usino i diversi strumenti a disposizione in termini associativi, e non dissociativi.

C’è da considerare, inoltre, che i social network rischiano addirittura di agire in direzione opposta a quanto ipotizzato da chi parla di identità sociali multiple. Essi infatti creano cortocircuiti tra le diverse identità e tra i diversi ruoli che si assumono in società, così che – ogni volta che qualcosa finisce in un social network – essa diventa parte integrante di una identità che va al di là dei ruoli. Ecco quindi che si cercano su Internet contenuti sviluppati da protagonisti dei fatti di cronaca, si viene licenziati perchè scoperti su Facebook a feste mentre ci si è dati malati a lavoro, e così via (il così via include l’esser pescati in questo stato dai propri studenti 🙂 ).

Per questo motivo piuttosto che di sistema solare parlerei di bolle identitarie, nelle quali i diversi strumenti servono ad enfatizzare diversi tratti della propria identità, come rappresentato nella figura a lato, che sviluppa quella realizzata da Armano cambiandone però l’impostazione concettuale.

E voi che ne pensate?

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