Antonella commenta su Facebook un post di Micah Sifry, che ho avuto il piacere di conoscere recentemente a Perugia, chiedendosi se il post in questione possa essere considerato o meno un seguito di quanto ci siamo detti durante il nostro panel. Il nocciolo della questione, a mio giudizio, consiste – in breve – nell’assenza, all’interno della mail con la quale Obama si rivolge ai suoi elettori per avviare le attività di ricerca fondi, di un riferimento alla dibattuta questione del suo certificato di nascita. Assenza che Ari Melber definisce come un “unforced error“. Ossia, nello sport, un errore dovuto non tanto all’abilità dell’avversario quanto piuttosto ad una propria mancanza. O alla semplice sfortuna.

Secondo Melber, infatti, Obama avrebbe dovuto affrontare il tema. Magari, aggiungo io, cercando di trasformare il potenziale problema in un elemento di forza che dimostrasse come i suoi avversari devono ricorrere a mezzi così bassi per contrastarlo. Insomma, se ne fa un problema di “opportunità tattica”.

Se devo essere sincero, per rispondere in breve alla domanda di Antonella direi di si, senz’altro è un seguito del Panel di Perugia. Ma direi anche che, forse, Micah ed Ari sono stati sin troppo buoni. Perchè più che un unforced error quello di Obama mi sembra – sempre per rimanere nella metafora sportiva – un doppio fallo.

  • un errore è quello tattico, ossia non aver citato nella mail il tema del fatidico certificato di nascita cercando di volgerlo a proprio favore;
  • l’altro errore è quello strategico. Ed è più grave. Non farlo ha voluto dire non dare ascolto a tutti quegli elettori con i quali Obama si vanta di aver aperto un dialogo (ma l’ha aperto davvero?) dando loro voce ed ascolto. Dov’è finito quell’ascolto ora, che una parte importante della Rete (e che sia importante lo si vede anche, ad esempio, dal numero di visitatori di alcuni video su YouTube) pone una domanda in maniera così pressante? Se si vuol avviare un dialogo non si possono ignorare le domande dei nostri interlocutori.

E’ vero, in rete si dice “don’t feed the Troll“, ma in questo caso i troll non sono tali ma sono elettori e sono molti, e sono parte importante di quel popolo che dovrebbe rinnovargli la fiducia. Ignorarli non mi sembra un buon modo di costruire il dialogo.